Gavino Cocco

Gavino Cocco

Gavino Leonardo Cocco nacque a Ozieri il 25 ottobre 1724 dal nobile cavaliere ereditario Gavino (forse originario di Mara) e da Monserrata Demurtas, ma alla nascita è già orfano di padre; in città frequentò la scuola di grammatica presso il collegio gesuitico, per poi proseguire gli studi a Cagliari, con grandi sacrifici economici della famiglia, conseguendo brillantemente la laurea in diritto civile e canonico. Lo storico della Chiesa Damiano Filia lo definisce "discepolo spirituale del Vassallo" (il piemontese Padre Giovanni Battista Vassallo, giunto giovanissimo in Sardegna fin dal 1717), ovvero il massimo esponente dei gesuiti in Sardegna prima della soppressione dell'ordine nel 1773.

Pasquale Tola ce lo presenta come un giovane studioso, alieno da ogni divertimento e tutto preso dall'amore per il sapere, brillante avvocato prima ed eccellente magistrato poi. Il barone Giuseppe Manno gli riconobbe doti di "integrità, zelo e religione", "dottrina molta, esperienza vastissima, fedeltà e devozione al re, e maniere per farsi amare da tutti "ma, pare, fu pure un gaudente, dedito alle donne e anche (lo sostiene Franco Fresi in un articolo giornalistico, avendo intervistato uno degli ultimi discendenti del Cocco, l'avvocato Ivo Spiga di Cagliari) alla poesia in dialetto gallurese (la sua seconda patria infatti si può considerare Tempio, luogo del cuore di Don Baignu, come lo chiamavano i tempiesi); sono suoi i versi: Dugna tempu ‘en'e passa / comu passani li fiori. / Cussì mattessi è l'amori / ca lu piddha e ca lu lassa.

Subito dopo la laurea, Cocco avvia a Sassari una brillante carriera di avvocato e fama di raffinato giurista; stringe amicizia col ministro, plenipotenziario dei Savoia in Sardegna, Gianlorenzo Bogino, che di lui scrive: "in ogni tempo ha dato delle non dubbie riprove della di lui grande probità e dottrina, non meno che di singolare zelo ed attività universalmente applaudita ammirata".

Il 20 aprile 1759 Cocco viene nominato assessore del magistrato presso la Reale Governazione di Sassari. Negli anni successivi lo troviamo impegnato a condurre un'inchiesta nelle terre di Nurra, nel 1763 è a Bosa per un problema relativo all'ensierro del grano (venduto a troppo caro prezzo dai consiglieri). Vista la sua esperienza e abilità, Cocco viene incaricato dal Governo di elaborare un piano per il riassetto amministrativo delle città sarde (avviato già sotto Vittorio Amedeo III, e portato a termine dal successore Carlo Emanuele IV). La stima di cui gode il magistrato presso il Governo è tale che nel 1763 egli viene esentato dal pagamento di metà delle tasse dovute dagli impiegati regi per la spedizione delle nomine. Alla fine del 1763 Gavino Cocco è chiamato a Cagliari da Bogino che, entusiasta, scrive: "ed io mi compiaccio che il Cocco, di cui conosco il valore, venga a stare a Cagliari".

Nel 1764 viene nominato aggiunto dell'avvocato fiscale patrimoniale (in pratica sostituisce integralmente il titolare, don Pietro Sanna Lecca, in quanto infermo).

La sua rapida carriera alimenta le malelingue dei concorrenti invidiosi, che lo definiscono arrivista, poco chiaro nelle argomentazioni, poco rapido nel chiudere le cause. Cocco, noncurante, continua a svolgere il suo compito, spostandosi da Cagliari a Sassari, Alghero e Bosa. Nel 1765 il Governo lo incarica di redigere un piano di salvataggio del Conservatorio della Provvidenza di Sassari; qualche anno dopo prepara una dettagliata relazione sul convento Cappuccino di Ozieri, a cui era particolarmente legato.

Nel 1769 decide di mettere su famiglia e sposa Annamaria Cordiglia, povera ma di buona famiglia cagliaritana (anche l'amico Bogino approva la scelta); gli sposi prendono casa in via dei Cavalieri (oggi via Canelles), una casa di tre piani con scuderia e terrazza, arredata riccamente e dotata di una ricca biblioteca (con libri di diritto, religione e letteratura). La coppia non avrà figli, ma alleva, fin da bambina, tale Annica Sanna, alla quale Cocco darà il suo nome e, alla morte, parte del patrimonio. Il 20 luglio 1773 ottiene la nomina di "avvocato fiscale del Real Patrimonio", (carica che ricoprì per lungo tempo) unitamente ad una gratificazione di 3000 lire piemontesi per l'ottima gestione e amministrazione del patrimonio confiscato al duca di San Pietro. Poco tempo dopo riceve la nomina a sindaco del Conservatorio Figlie della Provvidenza di Cagliari, istituto voluto nel 1749 dal gesuita Giovanni Battista Vassallo per l'educazione delle fanciulle povere; in questa veste, Cocco amministra il fondo dell'ente e acquista e fa restaurare due case in via dei Genovesi destinate alle orfanelle. Nel 1786 Cocco viene insignito dai Savoia del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

Dopo una carriera lunga e brillante svoltasi in Sardegna, a Torino venne nominato "Reggente di toga" nel Supremo Consiglio del Regno (una carica riservata ai magistrati più anziani e più esperti), ma egli era restio a trasferirvisi. Ricoprì la carica di "assessore del magistrato della Reale governazione" di Sassari. Poco dopo, nel 1793 durante le vicende di Gio Maria Angioi (di cui Cocco era inizialmente sostenitore, oltre che collega, per poi passare alla pubblica accusa filo governativa), ricoprì la carica di "avvocato fiscale del Patrimonio Regio".

Successivamente, il 25 giugno 1794, viene nominato dal re Vittorio Amedeo III "Reggente della Reale Cancelleria" di Cagliari (Presidente del Supremo Consiglio di Sardegna, sarà il primo sardo a ricoprire tale carica, una sorta di "Primo Ministro" della Sardegna), allorché vennero accolte parzialmente le Cinque domande avanzate dai sardi in tema di maggiore autonomia nel governo dell'Isola. In una fase di pericolo per l'autorità sabauda, il re volle così mettere nei posti chiave del Regno sardo persone ritenute affidabili e capaci di normalizzare una situazione che a breve sarebbe comunque diventata esplosiva. Nonostante la fedeltà alla Casa sabauda, il Cocco era un uomo aperto alle idee illuministiche e liberali. Si deve a lui gran parte del riordinamento amministrativo e politico dell'Isola, compiuto sotto Vittorio Amedeo III ed i successori Carlo Emanuele IV e Vittorio Emanuele I, nonché la realizzazione di molte opere pubbliche.

Le decisioni prese dal governo provvisorio costituito in seno alla Reale Udienza, vede in Cocco colui che realmente prende le decisioni, anche se, per non esporsi eccessivamente, le fa spesso firmare al suo sostituto Antonio Gurisi.

La sua ambigua posizione rispetto ai moti fu oggetto di sospetti, tra cui quelli del conte Lorenzo Avogadro, ministro degli affari di Sardegna, che lo definisce: "uomo da parole mozze, da consigli ambigui, buono a consultare non a dirigere".

Cocco cerca di accattivarsi le simpatie del nuovo viceré Vivalda, e lo informa sulle decisioni prese dagli Stamenti. A fine 1798, poiché il pavido Vivalda si fingeva malato da tempo, la Reale Udienza assume il governo dell'isola, con il Cocco tra gli esponenti più importanti; l'anno successivo, vista la capacità di Cocco, il Governo decide di nominarlo presidente della Reale Udienza e del Consiglio di Stato e, poco dopo, anche al prestigiosissimo ruolo di presidente in seconda e Reggente di toga nel Supremo Consiglio di Sardegna con sede a Torino (che non poté mai raggiungere, in quanto occupata dai Francesi); forse anche a causa della timidezza con cui avversò l'Angioi, poco dopo Cocco preferì chiedere di essere messo a riposo.

Oltre alla poesia, la sua grande passione era l'agricoltura, alimentata dalle letture dei recenti studi condotti da alcuni pionieri della modernizzazione della agricoltura sarda (tra cui Cetti, Cossu e Gemelli). Dopo il 1767 Cocco acquista vari appezzamenti a Quartu Sant'Elena, impiantandovi vigneti, frutteti, coltivazioni di orzo, grano, granoturco e salicornia. Qui, in regione Sa Corti, compra una casa con annessa cappella che utilizza per la villeggiatura. Dal Real Patrimonio ottiene di acquistare la vasta tenuta di Geremeas, situata tra i comuni di Quartu e Maracalagonis, affacciantesi su una costa spettacolare; per delimitare la proprietà, fa costruire muri in pietra a secco "rimboccata a calcina", come in uso in Logudoro.
Qui costruisce anche una casa con magazzini per il ricovero della paglia e degli attrezzi da lavoro, nonché una chiesetta intitolata a S. Anna (in una capriata della chiesa si può ancora leggere l'iscrizione "fecit N.D. Gavino Cocco 1773"), che dota di arredi sacri, tra cui una pisside ed un calice d'argento, una pianeta rossa e due tovaglie d'altare in tela di Ginevra. Una volta pronti i caseggiati, Cocco fa giungere a Geremeas alcuni pastori di Ozieri e Buddusò per la cura del bestiame, oltre al personale dedito all'agricoltura; fa eseguire lavori di bonifica e di disboscamento, creando una azienda modello che gli garantirà grandi profitti (reinvestiti in case, terreni e censi).

Grazie alla sua abilità, Gavino Cocco ampliò notevolmente il proprio patrimonio economico e terriero che si estendeva tra Ozieri e Tula giungendo alle falde del Limbara (nell'Ottocento un suo discendente, socialista, dette però in beneficenza quasi tutto questo patrimonio), ma anche con grandi proprietà a Solanas e Sinnai (vendute alla fine del XVIII secolo ad un francese, ed il ricavato, 5000 franchi, da lui donato ad una sua amante), nell'area di Cagliari e di Tempio. Come riportato dall'Angius, a Cagliari istituì con proprie risorse due "piazze" presso il Collegio dei Nobili, ovvero due borse di studio per ragazzi ozieresi meritevoli ma con scarse finanze.


Morì a Cagliari il 28 ottobre 1803 e venne sepolto, nottetempo, nella cappella della Mercede nella chiesa di S. Lucia in Castello, dopo una cerimonia molto semplice, come da ultime volontà. Gran parte del suo patrimonio lo lasciò al Conservatorio Figlie della Provvidenza di Cagliari; una parte importante la riservò ai Gesuiti, a cui riserva (in caso di ritorno nell'Isola) la tenuta di Geremeas e terreni a Flumini di Quartu. Con 3000 scudi istituisce due "piazze" (cioè borse di studio) per giovani nel Regio Convitto di Cagliari; alla figlia adottiva Annica lascia 4000 scudi, bestiame e altri beni.

La bellissima tenuta di Geremeas, dopo la morte di Cocco, fu gestita dal Convitto dei Sacri Operai (questo era il nuovo nome che gli ex gesuiti si erano dati) e poi dal Collegio di Santa Teresa di Cagliari (dove in molti avevano trovato rifugio). I Gesuiti, finalmente ricostituiti nel 1814 (ma ritornati in Sardegna solo nel 1821), disposero della azienda di Geremeas dal 1825 al 1848 (anno questo in cui vi trovarono rifugio diversi gesuiti perseguitati a Cagliari), anno in cui furono costretti ad abbandonare l'isola.

Il barone Giuseppe Manno nel 1868 gli dedicò delle belle pagine, così scrivendo: «Ergesi però sopra gli altri nelle nostre popolari tradizioni, come per elevazione gerarchica, così per altezza di ingegno e di scienza, il nome di Don Gavino Cocco. Egli fu il primo magistrato nazionale che nella signoria sabauda sia salito al grado di Reggente la Cancelleria. Io ebbi già altra opportunità di notare quanta parte palese, e quanta coperta, egli ha avuto nelle vicende stesse in cui trovossi impigliato l'Angioi ora nominato; e come l'accortezza sua, raffinata in lungo esperimento di affari e di uomini, abbiolo condotto a salvoguardarsi la confidenza contemporanea de la cour et de la ville.

Rammento ancora che collegiale giovanetto io m'imbattea quasi giornalmente col venerando nelle malgradite passeggiate, che la paterna tenerezza del nostro Padre Ministro pei suoi cagnetti c'imponeva, onde far loro respirare aure più salubri nel solitario e deserto colle cagliaritano chiamato delle Indie; dove con intendimento più sereno recavasi esso pure il Reggente, circondato da una guardia d'onore di curiali, che gli faceano rispettosa corona. Era egli curvato quasi ad angolo retto, benché di incesso risoluto e fermo: e al saluto sprofondato che noi tutti gli rendevamo, rispondeva con atto quanto mai amorevole, e con uno sguardo, in cui anche il criterio nostro infantile sapea distinguere la bontà e la finezza. Raccontasi di lui, che allorquando nel 1799 giungeva all'asilo cagliaritano la Corte intiera dei nostri Principi, cacciata dagli Stati continentali per la prepotenza delle armi francesi, sentendo dal suo gabinetto lo schiamazzare festivo, gli osanna, e il rumoreggiamento incomposto di un popolo, ebbro di gioia e di novità per l'apparire nella nostra rada del navilio apportatore di quella inaspettata fortuna, apriva egli le labbra ad un sorriso, che parea quasi un sogghigno; e indirizzando gli occhi di chi conversava con esso verso un quadro del Re, pendente sulla parete: vedete, dicea loro, com'è bello il Re? – bello sì, dipinto! – Ah, sì dipinto, inchiniamoci tutti al suo quadro; ma se l'avrete in corpo e in anima, v'avvedrete un giorno, miei cari, v'avvedrete della gran differenza che passa fra il Re e la sua immagine. L'astuto vegliardo vedea già acutamente anche quanto soprastava a lui stesso. Non passò gran tempo, che dopo le accoglienze oneste e liete, dopo gli onori a lui renduti, vennegli immaturamente su quelle spalle, curve s' ma non inabili a sopportare per maggior tempo l'alta sua carica, una lettera regia di ritiro dal servizio. Fecesi cioè luogo, con porlo da banda, a conferire la reggenza della Reale Cancelleria a quel Giuseppe de Maistre, celebrato diplomatico e scrittore, cognito già a qualunque siasi mio lettore. Del quale io dirò perciò solamente, che se ei di tanto soprastava al Cocco per acume e possanza d'ingegno straordinario, non meno ei gli restava inferiore nel servizio trasferitogli, cioè nelle positive e non imaginose dottrine del Magistero giudiziario».

Ozieri gli ha intitolato da lungo tempo una delle vie principali del centro storico, mentre il pittore Aligi Sassu nel 1970 lo ha raffigurato nel murale del "Prometeo" di Ozieri, tra i grandi sardi ed ozieresi della storia.


Michele Calaresu